Verso la Settimana Liturgica Nazionale / 7

Come è noto, il tema della Settimana Liturgica Nazionale del 2025, che si terrà a Napoli nel prossimo mese di agosto, si compone di un’invocazione liturgica e spirituale (cf. Te Deum e le Lodi di Dio altissimo di san Francesco d’Assisi), collegata all’Anno Giubilare, e di un’affermazione che entra più nello specifico della trattazione: Liturgia e vita (Lex orandi – lex vivendi). Dopo aver spiegato negli scorsi articoli che cos’è una Settimana Liturgica, e dopo averne fatto una rapida rassegna dall’inizio fino ai nostri giorni, iniziamo ora a delineare un percorso teologico-liturgico-pastorale con lo scopo di accompagnare il lettore alla celebrazione di questo grande evento ecclesiale a carattere nazionale.

Per noi è sempre importante mettere insieme il binomio lex orandi – lex credendi; ma anche l’altro: lex credendi – lex vivendi e, per transitività, lex orandi – lex vivendi. Ciò che noi preghiamo, pensiamo, crediamo deve diventare materia di vita e di offerta.

La fede pregata è criterio di orto-dossia della fede e fondamento-alimento-sostegno per l’orto-prassi della vita. Per vivere fuori dal tempio il Mistero incontrato e celebrato nel tempio, noi prolunghiamo nello spazio profano ciò che abbiamo celebrato nello spazio liturgico. Se nell’esperienza liturgica abbiamo portato tutta la nostra umanità, parimenti nella quotidianità portiamo gli impegni che scaturiscono dall’azione simbolico-rituale.

Nella leitourghía troviamo la genesi, il modello e il sostegno per la martyría (il rendere testimonianza) e la diakonía (il servizio al mondo). Liturgia e impegno etico costituiscono i risvolti inseparabili di un’unica e inseparabile realtà: senza la liturgia è difficile che ci si dia a un vero impegno etico; senza impegno etico è impossibile che vi sia vera liturgia.

La nostra tensione verso il Divino trova la sua naturale verifica nella nostra tensione e attenzione a coloro a cui dobbiamo farci prossimi.

I cristiani, allora, devono tradurre nella vita ciò che professano quando celebrano. Essi sono coloro i quali rimangono saldi nella speranza che è Cristo Gesù, certi di non essere mai soli né mai delusi, uniti alla comunità nella preghiera vicendevole, ma soprattutto per coloro che non possono più farlo, per coloro che sono stati colpiti negli affetti più cari, per coloro che lottano senza risparmiarsi, perché sui loro volti ritorni il sorriso.

I cristiani sono coloro i quali diventano testimoni di speranza attraverso la pazienza e l’umiltà, orientando desideri, scelte e azioni verso ciò che sperano, con tenace perseveranza e cercando i segni della speranza ovunque vi sia bene, verità, bellezza, pazienza nella sofferenza, costanza nella fatica, coraggio nella responsabilità. Ne riconoscono anche, con chiarezza, i nemici: pessimismo, delusione, apatia, sfiducia, il cielo sempre nero, la critica amara, l’indifferenza, la lamentela. Rifiutano ciò che può favorire questi nemici: relativismo, imprecisione, ambiguità, pressappochismo, appoggiarsi solo su se stessi, indulgere alla critica, rassegnazione, cedere alle difficoltà senza lottare e senza rispondervi con creatività e generosità. Quando si tratta dei doni di Dio, niente deve fermarli; perciò rigettano prontamente quell’autentica tentazione nascosta dietro l’espressione così frequentemente ripetuta: “A che serve? Tanto…”, primo passo verso la rinuncia e la fuga.

I testimoni di speranza valutano in positivo, sempre; sono realisti e ben presenti nel tempo e nel luogo in cui vivono. Non cedono a fughe nel passato o a fughe nell’utopia. Si impegnano a riprendere il passato per trasformarlo in un nuovo inizio, poiché sanno che la memoria storica è la buona maestra di ogni rinnovamento; e si impegnano a rimanere aperti al futuro, libero creatore di possibilità.

I testimoni di speranza operano per far fruttificare i talenti, senza nasconderli nella passività e nell’appiattimento, ma anche senza importunare nessuno con l’imposizione dei propri punti di vista e la mancanza di rispetto. Mantengono alti gli ideali e ad alto profilo le finalità, ricordando il detto di Gesù: «Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?» (Lc 14,28). Agire in base ai mezzi che si ha e a progetti possibili è la via obbligata se si vuol conservare la fiducia degli altri e suscitare speranza.

a cura dell’Ufficio Liturgico Diocesano