Verso la Settimana Liturgica Nazionale / 2

Dopo aver spiegato nello scorso articolo che cos’è una Settimana Liturgica, cominciamo ora a fare la rassegna delle Settimane fin dall’inizio, in attesa di poter celebrare quest’importante evento del Centro di Azione Liturgica (CAL) nella nostra Arcidiocesi dal 25 al 28 agosto 2025.

Le prime sedici Settimane Liturgiche Nazionali (dal 1949 al 1965) tracciano un percorso di studio e di approfondimento che si snoda con una gradualità che giunge, di fatto, al Concilio Vaticano II. Tre furono le grandi piste di lavoro che, nelle Settimane pre-conciliari ebbero una portata preparatoria al Vaticano II e che sarebbero confluite poi nella Sacrosanctum Concilium: 1) i sacramenti dell’Iniziazione cristiana, con particolare riferimento al Sacrificio eucaristico; 2) l’anno liturgico, con al centro la Pasqua; 3) la partecipazione dei fedeli laici alla liturgia.

Ma è soprattutto negli anni dal 1963 al 1965 che il tema della partecipazione si rivela quanto mai significativo in un momento che potremmo definire di “transizione naturale” tra l’enciclica Mediator Dei di Pio XII (1947) e la costituzione Sacrosanctum Concilium. Dalle intuizioni conciliari si evinceva come il rinnovamento liturgico inevitabilmente esigeva: 1) l’attenzione alla liturgia proprio come Mistero celebrato, evento di salvezza, opera del Padre, del Figlio e dello Spirito; 2) una presa di coscienza che la liturgia è fede celebrata; 3) una comprensione profonda di ciò che si celebra attraverso una lettura attenta dei gesti e dei segni liturgici.

I contributi offerti da queste Settimane misero bene in risalto come la pastorale liturgica debba sempre affiancare l’opera della catechesi e da essa debba trarre ispirazione, specialmente nel campo della preparazione ai sacramenti: è qui, infatti, che un ruolo decisivo spetta alla catechesi primariamente liturgica o catechesi mistagogica, che è la dimensione essenziale di ogni formazione liturgica. Ci si preoccupò, inoltre, di far vedere come la pastorale liturgica debba valorizzare in modo speciale gli elementi didattici o catechetici della liturgia, segnalando altresì l’importanza della formazione dell’assemblea, della preparazione delle celebrazioni liturgiche e dell’omelia. Senza dimenticare, infine, che, nella Chiesa, il luogo principale della spiritualità è la liturgia.

È stata richiamata già diverse volte, ma è bene che ci soffermiamo sulla Sacrosanctum Concilium, la costituzione del Vaticano II sulla sacra liturgia, promulgata il 4 dicembre 1963, a quattrocento anni esatti dalla chiusura del Concilio di Trento. Anche se sono passati sessantuno anni, abbiamo sempre da imparare!

Il Tridentino, per salvare la liturgia romana dal disfacimento che rischiava – da una parte a causa di abusi di ogni genere, di una creatività non illuminata da una sana teologia e della prevalenza delle devozioni popolari sulla preghiera della Chiesa, e dall’altra a causa della contestazione e dell’attacco frontale di cui i riformatori la facevano oggetto –, aveva finito, suo malgrado, per imbalsamarla, rendendola intoccabile nella forma che il Medioevo aveva trasmesso e dando di essa una visione storico-giuridica. Il Vaticano II, invece, ricopre un’importanza eccezionale perché, non solo per la prima volta un’assise ecumenica s’interessava della liturgia nella sua globalità – dei contenuti biblico-teologici e celebrativi –, ma anche nei suoi risvolti e aspetti pastorali, collocandola in una prospettiva dinamico-teologica.

La lunga, e per molti aspetti “sofferta”, gestazione della Sacrosanctum Concilium ha fatto sì che il documento predisposto per la discussione in Concilio, l’unico approvato dalla Commissione preparatoria, fosse il primo a essere presentato fin dalla prima sessione. La discussione in aula, infatti, iniziò il 22 ottobre e si concluse il 13 novembre 1962: occupò 15 Congregazioni generali e raccolse 642 interventi, di cui 328 letti in aula. L’intero materiale fu sottoposto a oltre 100 votazioni in aula, con ben 85 modifiche, ottenendo, infine, l’approvazione plenaria con il dissenso di soli 4 voti. Tanta convergenza stava a dimostrare sia l’interesse per il settore liturgico sia il riconoscimento del valore del testo conciliare, che fornì in nuce le fondamentali idee orientatrici in campo ecclesiologico, ecumenico e missionario, al punto da essere considerato un “abbozzo” di tutto il magistero conciliare, anzi il suo “cuore”.

La Sacrosanctum Concilium sia apre con un proemio e si compone di 7 capitoli: la materia è distinta in 130 articoli; segue, sotto forma di appendice, una dichiarazione circa la riforma del calendario. Nella millenaria storia dei concili essa è l’unico documento che tratta della liturgia nella sua totalità, cioè in prospettiva teologica e pastorale, tale che può essere definita la magna charta del rinnovamento liturgico della Chiesa cattolica.

Il Concilio Vaticano II, con questa costituzione, ha voluto sostanziali modifiche alla liturgia e ai riti mettendo in luce in modo magistrale e profondo – non dobbiamo mai dimenticarlo! – come il concetto di Chiesa sia inscindibile da quello di liturgia.


a cura dell’Ufficio Liturgico Diocesano