Liturgia: verso Dio come verso i fratelli
Continuiamo a delineare un percorso teologico-liturgico-pastorale con lo scopo di preparare il lettore alla celebrazione della 75ª Settimana Liturgica Nazionale, importante evento che si terrà nella nostra Arcidiocesi dal 25 al 28 agosto prossimi.
La liturgia, a lungo trascurata dal popolo cristiano – che la sentiva parlare in una lingua diversa –, è stata rivalutata progressivamente lungo il Novecento fino al Concilio Vaticano II, il quale ha riconosciuto che essa «è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù» (Sacrosanctum Concilium 10; successivamente Lumen gentium 11 e Presbyterorum ordinis 5 usano la stessa espressione con riferimento all’Eucaristia).
Dunque, la liturgia non è soltanto il punto di arrivo, il termine più alto della nostra esistenza spirituale. È insieme, e ancor prima, la “fonte” della vita della Chiesa, vale a dire grazia, dono che rende possibile il nostro cammino, il nostro impegno nella storia. La liturgia, tuttavia, non esaurisce tutta l’azione della Chiesa, ma rimanda ad altro: a una vita donata senza condizioni. La liturgia è un appello a farsi pane per chi ci sta accanto, ad amare non chi lo merita, ma chi ne ha maggior bisogno. In un mondo dove ogni cosa ha un prezzo come in un grande mercato, l’Eucaristia, il farsi pane per l’altro sull’esempio di Gesù, costituisce veramente una prospettiva capace di annunciare un mondo nuovo, rappresenta, forse, l’unica forza veramente sovversiva nel cuore della storia.
Qualcuno ha scritto che «nella nostra città la domenica vengono celebrate più di mille Messe. L’indomani ci accorgiamo che nulla è cambiato. Colpa dell’Eucaristia? No. Colpa di una pastorale che dopo il Concilio ha investito molto sulla liturgia, senza però verificarne gli effetti sulla vita quotidiana».
Magari avessimo fatto pastorale liturgica!
In questi 62 anni dalla promulgazione della Sacrosanctum Concilium siamo ancora alla prima fase della riforma liturgica. Monsignor Annibale Bugnini, uno dei principali artefici della riforma del Vaticano II, amava ripetere che essa consta di due fasi: la prima è “cambiare i testi” (e questo è stato fatto nell’arco di circa 10 anni); la seconda fase della riforma liturgica – la più difficile – è quella di “cambiare le teste”… Sì, perché la Sacrosantum Concilium, prima di essere un manuale per riformare i riti, è una magna charta in grado di ispirare il rinnovamento della Chiesa; la liturgia è incompiuta, infatti, se non porta al rinnovamento delle nostre comunità, di noi stessi e di tutta la Chiesa.
Magari, allora, avessimo fatto pastorale liturgica!
La questione, crediamo, vada posta in altri termini: la liturgia che viviamo oggi nella Chiesa, la liturgia voluta dal Concilio Vaticano II – «la grande grazia del secolo XX», come l’ha definita san Giovanni Paolo II (cf. Novo millennio ineunte 57) – è in grado di essere il luogo in cui i fedeli possono essere soggetti della fede cristiana, capaci di accogliere una speranza da offrire e proporre al mondo? Oppure la liturgia è tentata di diventare un “non-luogo”, cioè uno spazio, un momento in cui gli uomini non vivono il loro oggi nell’oggi di Dio, in cui non trova accoglienza l’umanità reale, concreta e quotidiana, in cui si consuma un “sacro” che nulla ha a che fare con Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente?
Verso Dio come verso i fratelli, abbiamo giustamente titolato. Scriveva già negli anni ’80 del Novecento don Tonino Bello: «La nostra credibilità di cristiani non ce la giochiamo in base alle genuflessioni davanti all’ostensorio, ma in base all’attenzione che sapremo porre al “corpo e al sangue” dei giovani drogati, degli sfrattati, dei disoccupati e di tutti i diseredati». In altri termini, aggiungeva, quella credibilità sarà tanto più forte, quanto più sapremo «scorgere il corpo di Cristo nei tabernacoli scomodi della miseria, del bisogno, della sofferenza, della solitudine».
Ecco, è su questi temi che ci inviterà a riflettere la Settimana Liturgica Nazionale nell’anno del Giubileo.
a cura dell’Ufficio Liturgico Diocesano